REVIEW - SALONE / FUORISALONE 2015


Rientrati dalla frenetica DESIGN WEEK Milanese abbiamo avuto la sensazione di aver raccolto davvero molto POCO. La città si trova in una condizione di fibrillazione, dovuta all’avvicinarsi dell’EXPO, su cui sono concentrate tutte le attenzioni, e alla conseguente espansione immobiliare che sta assorbendo tutte le energie.  Ci chiediamo se sia questo il motivo della POVERTÀ di contenuti in questa edizione del Salone e del Fuorisalone. La frase non scontata “non è più il Salone di una volta” giace nei discorsi senza destare il giusto peso, lasciando che questo bellissimo evento imploda in se stesso in una
baldoria generale di persone che fondamentalmente non frequentano il salone/fuorisalone per il design.


Le parole che meglio possono descrivere il Fuorisalone sono DISPERSIONE e SUPERFICIALITÀ. Ormai le  “ZONE di Design ” sono 9, coprendo tutto il territorio cittadino. Chiedendoci qual’è lo scopo della creazione di quest DISTRETTI CITTADINI, ci balena un’unica risposta: la creazione di AGENZIE, allo scopo di VENDERE LOCATIONS  e SPAZI PUBBLICITARI a chi può permetterselo.


I distretti NON PROPONGONO quindi PROGETTI RAGIONATI sull’idea del design, ma sono semplici CONTENITORI, che accolgono qualsiasi tipo di progetto e qualsiasi espositore (pagante), rendendo le zone e gli eventi intercambiabili tra loro. La zona con la sua architettura e il suo background sociale rimane nello sfondo senza avere un ruolo attivo nella visita e negli eventi.
I distretti, agenzie immobiliari e di pubblicità, NON hanno un OBIETTIVO (a parte quello di fatturare), NON hanno una MISSION, NON propongono un’idea di design innovativo, o nuove idee di lifestyle, e quando vengono dichiarate, sono poi smentiti nella realtà dei fatti.
NON c’è SELEZIONE, ma tutto viene messo sullo stesso piano, NON c’è  un’idea unitaria e integrata tra le zone, fondamentalmente, MANCA un PROGETTO.
IMBARAZZANTE.

Osservando tutte le più importanti testate mondiali, da Monocle, fino a Deezen, l’attenzione alla Design Week milanese è molto RIDIMENSIONATA. Se un personaggio come Alice Rawsthorn, critica del New York Times, ha fatto notare come salone e fuorisalone siano in decadimento, e il designer Jasper Morrison ha soprannominato la design week “Salone del Marketing”, un motivo ci sarà. Durante gli ultimi anni si è persa l’idea propulsiva che ha fatto nascere il Salone: il mettersi in gioco, il voler reinventare oggetti d’uso quotidiano, il desiderio di MIGLIORARE la vita, e renderla più bella; e si è persa anche l’identità del Fuorisalone, come luogo di sperimentazione, di giovani che portano avanti un design indipendente e quindi più libero da compromessi, il design quello VERO, di RICERCA, non basato sul mero presenzialismo. Invece quello che troviamo oggi sono noiose infilate di sedie (per citare un esempio) utili solo a riempire giganteschi stand, e accumuli compulsivi di oggetti senza senso, dove conta più la tecnica produttiva (taglio laser o stampante 3D) invece che il prodotto in sé, che insieme danno luogo ad una kermesse impossibile da visitare interamente, stancante, e a tanta insoddisfazione.

Il Salone storicamente conteneva il Design Italiano, che puntava all’eccellenza dei prodotti, e alla qualità dei processi produttivi, nel rispetto della tradizione, portano veramente pochissime e invisibili innovazioni, non sono più traino dell’eccellenza italiana, anche perché chiuse in un mondo fatato di estremo lusso, a cui pochi possono accedere, facendosi sfuggire creatività e attenzione che si riversa in altre direzioni. Gli Hi Brand italiani non producono più innovazione, non sono più un modello del nostro design perché è troppo slegato dalla realtà sociale che stiamo vivendo.

Diverse fonti sostengono che il design si stia spostando verso una direzione più tecnologica e interattiva, ma non crediamo che l’aspetto tecnologico possa SOSTITUIRE il design di oggetti e mobili, che restano INDISPENSABILI per la vita di tutti i giorni; le due cose si possono accostare e possono convivere. Il fatto quindi che gli sponsor principali sono aziende di prodotti tecnologici o automobili, può avere certamente un risvolto interessante se impiegato in maniera intelligente e non fine a sé stessa; ma spesso purtroppo accade che si renda talvolta vacuo e superficiale il messaggio che si vuole comunicare: l’unico collante tra tecnologia e design pare essere il banale “tanto è tutto design” senza nessuna ricerca in più.
Alcuni paesi hanno già una navigata esperienza, e hanno già nel loro DNA CULTURALE l’utilizzo e la convivenza tra DESIGN e TECNOLOGIA, in altri casi sono delle FORZATURE che si esprimono in manifestazioni talvolta superficiali e vacue.


Quello che di certo non vorremmo più vedere sono i mercatini di cianfrusaglie e gadgettistica, soprattutto quando sono messe sullo stesso piano di un design “pensato”. È senz’altro possibile creare delle situazioni “mercatino”, ma in zone DEDICATE, dove è esplicitato cosa si sta proponendo. Alcune esperienze del fuorisalone hanno dimostrato che la diffusione di questi mercatini ha solo portato a una perdita di  credibilità sul distretto proponente. La situazione attuale è di “negozianti” mescolati a designer, che si è poi rivelata DELETERIA nel raggiungimento di un’immagine seria e qualitativa del design proposto. Bisogna insomma differenziare la vendita di una magliettina o un portachiavi senza troppe pretese, da un designer che tenta di vendere un PROGETTO di RICERCA.

In linea di massima:
MAI PIÙ CON: VISITA DISPERSIVA E STANCANTE - ZONE SENZA IDENTITÀ, NÉ CARATTERE - NESSUNA SELEZIONE E NESSUNA MISSION - BASSA QUALITÀ DELLE PROPOSTE - TROPPE COSE GIÀ VISTE - NESSUNA RICERCA DI LIFESTYLE - POCHI O NESSUN PRODOTTO ACCESSIBILE

NEVER MORE WITH: A DISTRACTING AND TIRING VISIT - AREAS WITHOUT IDENTITY OR CHARACTER - NO SELECTION AND NO MISSION - LOW QUALITY OF PROPOSALS - TOO MANY THINGS ALREADY SEEN - NO SEARCH IN LIFESTYLE - FEW OR NO ACCESSIBLE PRODUCTS


IL FUORISALONE SECONDO NOI:
    •    Zone organizzate come DISTRETTI CULTURALI, dove c’è un programma di fondo e una MISSION CHIARA.
    •    La presenza di CURATORI che siano in grado di progettare un’idea espositiva integrata, che propongano un percorso di ricerca sul design “possibile”.
    •    Una SELEZIONE -almeno minima- sui progetti da esporre, che dovrebbe essere attuata da qualsiasi agenzia, curatore, galleria, location che metta a disposizione degli spazi espositivi o gestisca un evento, tenendo conto del programma generale della zona.
    •    puntare alla QUALITÀ.
    •    investire sul TALENTO, evitando i nepotismi (anche se sappiamo già che questa affermazione è destinata ad entrare nella retorica)
    •    evitare la dispersione della visita, e concentrare gli eventi in POCHE VIE e POCHE ZONE (basterebbe eliminare tutto il surplus di superfluo e inutile)
    •    gli eventi collaterali, che non rientrano nel progetto del distretto, possono rientrare in una mappa di eventi SATELLITE, dove è chiarito che esulano dal “programma” degli eventi di design.
    •    creare delle APP davvero funzionali ed interattive, dove i visitatori possono creare sharing di commenti e foto REAL TIME.
    •    APERITIVI e HAPPY HOUR organizzati in maniera intelligente, che avessero un taglio in linea con il programma del distretto, e che fossero OCCASIONI per uno scambio di idee tra gli addetti al mestiere (e non)!!!

PROPOSTE:
CREAZIONE DI DISTRETTI CULTURALI CON UN PROGRAMMA E UNA MISSION - CURATORI CHE FANNO SELEZIONE - PUNTARE ALLA QUALITÀ E AL TALENTO - CONCENTRAZIONE EVENTI IN POCHE VIE - SEGNALARE EVENTI FUORI PROGRAMMA - APERITIVI COME OCCASIONI DI SCAMBIO - APP INTERATTIVE PER SHARING REAL TIME

PROPOSALS:
-CREATING CULTURAL DISTRICTS WITH A PROGRAM AND A MISSION - CURATORS THAT MAKE SELECTION - FOCUS ON QUALITY AND TALENT - GATHER EVENTS IN FEW STREETS - INDICATE EVENTS OUT OF PROGRAMME - HAPPY HOURS AS OPPORTUNITIES OF EXCHANGE - INTERACTIVE APPS FOR REAL TIME SHARING

Per quanto riguarda il SALONE invece:
    •    prendere una decisione definitiva sull’ormai morto SALONE SATELLITE: o si riqualifica, o si chiude.
    •    creare una sezione con NUOVE PROPOSTE, in modo da ottimizzare la visita per il pubblico abituale.
    •    dare dei NOMI ai PADIGLIONI, e accostarli ai numeri in modo CHIARO (es. DESIGN, CLASSICO, RETRÒ, KITSCH, BAROCCO ecc.)
    •    creare una CONNESSIONE con gli eventi del FUORISALONE
    •    ecc… siamo certi che si possano creare ulteriori migliorie...

-SATELLITE SI O NO? - SEZIONE NUOVE PROPOSTE - DARE DEI NOMI AI SALONI - INTEGRAZIONE CON IL FUORISALONE
-SATELLITE YES OR NO? - NEW PROPOSALS SECTION - GIVE NAMES TO SALONI - INTEGRATION WITH FUORISALONE
Occorre RIDISEGNARE L’EVENTO nel suo insieme, ma non fra 3 o 5 anni, ma subito, ADESSO!

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Torniamo a casa con l’assoluta certezza di aver certamente saltato delle zone e degli eventi, che chissà, magari, erano proprio quelli che nascondevano l’elisir del buon design e/o l’idea perfetta. Tentiamo a posteriori, di colmare la lacuna, provando a capire se ci siamo persi qualcosa di importante, perdendoci nuovamente nei meandri mediatici che moltiplicano a dismisura la mole già immane e disorganica di informazioni che si movimenta durante la design week...


La percezione della visita del Salone e Fuorisalone di quest’anno è stata quella di sfogliare una gigantesca rivista di design, piena di PUBBLICITÀ, ma SENZA ARTICOLI, senza CONTENUTI, disseminata di briciole e macchie di ciò che abbiamo introitato mentre sfogliavamo.

Gianfranco Setzu _ Monica Casu 


2 commenti:

  1. interessante... e anche condivisibile. parzialmente... perché inserite nel calendario del fuorisalone ci sono state una serie di conferenze decisamente interessanti e non di facciata. e alcune ponevano il punto esattamente sul rapporto tecnologia-design. alcune le ho seguite

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    1. grazie per il commento! Sicuramente il rapporto tra la tecnologia e il design sarà sempre più stretto d'ora in avanti, e ci fa piacere che se ne sia parlato in modo costruttivo!

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